Il suolo è “una risorsa limitata” ha dichiarato il sottosegretario Braga nel suo intervento di apertura al convegno “Il Consumo del suolo: lo stato, le cause e gli impatti” organizzato da ISPRA ( video e presentazioni).

Una dichiarazione che però non descrive tutta la gravità del fenomeno del Consumo di Suolo.

Il suolo non è semplicemente una risorsa che si esaurisce e che, quando incomincia a scarseggiare, possiamo sostituire o surrogare con un’altra, ad esempio il petrolio con il gas o con energia prodotta da fonti rinnovabili come eolico o fotovoltaico.

Il suolo svolge naturalmente le sue funzioni indipendentemente dall’utilizzo dell’uomo: fa vivere le piante che producono ossigeno e cibo, assorbe acqua e la conserva, mitiga il clima, blocca la CO2, è fonte di biodiversità e un’altra infinità di cose (vedi video di Terribile).

Se il suolo scompare, scompaiono per sempre i suoi benefici e scompare l’uomo.

Nel’intervento di apertura (video) il Presidente di ISPRA De Bernardinis ha evidenziato che non è ancora stato definito come affrontare il problema del consumo del suolo.

La individuazione di soluzioni del problema non può prescindere dalla corretta  misura del fenomeno e dalla condivisione con i cittadini dei risultati della misura, delle cause e degli impatti. La consapevolezza della gravità del fenomeno del consumo di suolo è alla base di scelte di tipo politico che i cittadini sono chiamati a fare.

L’importanza che i cittadini danno al tema del consumo del suolo è confermata anche dalla rilevante eco che il convegno ha avuto sui media. I cittadini inoltre cominciano ad organizzarsi autonomamente per dire la loro su questo tema (vedi http://www.stopalconsumoditerritorio.it).

Durante i lavori è emerso chiaramente che una delle cause principali del consumo del suolo è la scelta di privilegiare gli interessi del singolo, attraverso la rendita fondiaria, al posto degli interessi della collettività (vedi video Berdini e articolo sul Blog). La Pianificazione urbanistica attuale dimostra di essere inadeguata per salvaguardare il territorio. Se le previsioni di tutti i piani urbanistici della Lombardia fossere corrette, in pochi anni si dovrebbe raddoppiare la superficie urbanizzata (vedi video intervento di Pilleri).

L’impatto del consumo del suolo può essere devastante. Nel Bel Paese si è andato incontro ad un progressivo degrado paesaggistico che impatta anche significativamente sulla capacità di competere nel mercato internazionale del turismo. Eravamo i primi in Europa e ora siamo terzi dopo Francia e Spagna.

Sono emersi anche impatti significativi sulla capacità di soddisfare le esigenze alimentari. Da uno studio della FAO presentato dal JRC (Joint Research Centre) l‘Italia non è autosufficiente nella produzione di derrate alimentari (vedi video di Gardi). E con la progressiva perdita di suolo il problema si aggrava.

Unità di misura: metri quadri o kg di cibo?

Per descrivere efficacemente ai cittadini la gravità del fenomeno del consumo del suolo è fondamentale adottare le corrette unità di misura per rappresentare il fenomeno. Scegliere se descrivere il fenomeno in ha/anno di suolo perso, oppure in kg di cibo/anno persi, o attraverso il numero di persone che quel suolo perso avrebbe potuto sfamare, è determinante per poter spiegare meglio quello che sta succedendo.

Più efficace riportare che in Italia vengono persi 8 mq al secondo o che in Europa si perdono 1.000 kmq di suolo? Oppure è più efficace evidenziare che si perde una produzione equivalente di 6 milioni di tonnellate di frumento, pari a circa il 15% della produzione della Francia?

Metodi di misura

Sulla misura del consumo del suolo è stato confermato che ci sono e vengono adottati metodi differenti che producono risultati differenti e quindi la loro armonizzazione è fondamentale per poter disporre di dati omogenei e confrontabili (vedi video intervento di Cruciani).

Questo è un problema complesso, ogni soggetto che si è cimentato nella misura e monitoraggio del fenomeno ha ormai una sua storia in termini di metodologie applicate e dati prodotti. Le metodologie che possono essere adottate per misurare il consumo di suolo sono di tipo cartografico o campionario. ISPRA ha presentato un’analisi comparativa (vedi video Munafò) tra i dati di consumo di suolo in Italia prodotti con metodo campionario direttamente da ISPRA, classificando oltre 150.000 punti a livello nazionale, e i dati Soil Sealing, metodo cartografico, prodotti a livello europeo dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) attraverso la elaborazione di immagini satellitari (elaborazione effettuata da Planetek Italia videoslide). Questa analisi ha evidenziato una buona coerenza tra i dati ottenuti con le due metodologie e questo risultato fa ben sperare sulla possibilità di utilizzare, in riuso, i dati che saranno prodotti periodicamente a livello europeo per monitorare il consumo del suolo. In questo momento storico di forte spending review la possibilità di valorizzare gli investimenti già fatti da altri soggetti istituzionali è un elemento di sicuro interesse.

Scala di analisi

Oltre alle metodologie, un fattore determinante nei risultati è la scala di analisi. Scale di precisione diverse fanno emergere valori diversi del fenomeno,  passando dal Corine Land Cover al 1:100.000 ad una carta di uso del suolo derivata da CTR 1:5.000 il valore del consumo del suolo può anche raddoppiare.

Come si può far coesistere dati di consumo del suolo ottenuti su area vasta con dati prodotti a scala locale con elevato grado di precisione metrica? Questo è sicuramente un tema che deve essere ulteriormente investigato per creare una continuità logica tra il monitoraggio fatto a livello continentale e nazionale con il monitoraggio che le amministrazioni locali sono chiamate a realizzare per verificare l’impatto delle proprie attività di pianificazione territoriale. (vedi video di Berlingeri e video Foccardi)

A livello teorico la soluzione più semplice sarebbe di produrre il dato ad alta risoluzione a livello locale e procedere con il mosaico di questi dati locali per disporre di un dato aggregato nazionale. Ma sappiamo che la pratica è un’altra storia. In Italia ci sono ancora regioni che non hanno una Carta Tecnica Regionale e sono pochissime quelle che hanno una strategia di aggiornamento. Nessuna prevede di aggiornare la cartografia con una frequenza di aggiornamento compatibile con le esigenze di monitoraggio del consumo del suolo – che tra l’altro non sono definite da un punto di vista temporale – per cui quest’approccio non risulta applicabile.

Cosa fare quindi? Le domande che richiedono risposte sono molte e un confronto continuo tra i tecnici su questo tema può sicuramente aiutare a trovare le giuste soluzioni tecniche.

Per chi è interessato ad approfondire il tema suggerisco:

In alcuni miei post precedenti trovate altri link e approfondimenti:


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  1. Maria A DEssena

    Buongiorno come spunto di riflessione vorrei far presente che il consumo di suolo non si può ricondurre ad un’analisi dei limiti dei centri urbani o all’edificato sia esso industriale, turistico o altro, ma è necessario confrontare queste delimitazioni assolutamente necessarie con le reali attitudini dei suoli come corpo vivente a determinati usi. E’ vero infatti che in taluni casi non esiste una reale perdita laddove i suoli non hanno nessuna attitudine, mentre il consumo e quindi la perdita è reale quando il suolo ha attitudini elevate per agricoltura, uso forestale, pascolo, paesaggio. E’ solo in questo modo che la reale perdita può essree valutata.
    Questi studi nel caso della Sardegna sono iniziati già negli anni ’80 e l’approccio è stato ampiamente condiviso anche a livello nazionale.

    • Vincenzo Barbieri

      Concordo pienamente con la sua considerazione che il consumo del suolo non può essere ricondotta ad una sola analisi delle urbanizzazione. I suoli sono tutti differenti tra loro e hanno valori differenti sulla base della loro capacità di erogare servizi ecosistemici e sociali. Durante il convegno organizzato da ISPRA questo tema è stato affrontato da diversi relatori.
      E’ un dato di fatto che un suolo che viene urbanizzato perde la sua capacità di svolgere servizi ecosistemici è quindi è un suolo consumato.
      Misurare quanto suolo va perso è il primo passo per definire il danno determinato da tale perdita. Alle aree perse bisogna attribuire un valore. Non concordo con lei quando dichiara che ci sono suoli senza attitudine e quindi senza valore. Tutti i suoli erogano servizi ecosistemici anche se con capacità differenti nel fornire servizi di ecosistema e sociali. Generalmente i suoli più produttivi sono anche caratterizzati da elevati valori di ritenzione, biodiversità o potenziale di disattivazione degli inquinanti. (http://ec.europa.eu/environment/soil/pdf/guidelines/pub/soil_it.pdf).
      Riuscire a valutare la reale perdita che si determina con il consumo di un suolo è quindi una operazione complessa che dipende anche dal punto di vista con cui si affronta il tema.
      In un mio precedente articolo ho evidenziato che non mi convince l’idea di monetizzare una risorsa non rinnovabile, come il suolo, anche se mi rendo conto che potrebbe indurre una drastica riduzione del consumo di suolo e servire a finanziare gli interventi di messa in sicurezza del territorio dai rischi naturali. Nel 2006 era stato valutato dal prof. Knoflacher in 25€/mq/anno il valore medio del suolo che, agli attuali ritmi di consumo di suolo in Italia, si traduce in circa 10 miliardi di €/anno, tutti gli anni, per il suolo consumato in un anno.
      Potrebbe essere interessante condividere le iniziative che avete in corso in Sardegna per avviare un confronto su questo tema.

  2. Salve,
    condivido in pieno l’ossevazione @Barbieri ed in particolare la sottolineatura che il suolo, sia esso produttivo o meno, svolge un importante servizio ecosistemico. Aggiungo un altro spunto di riflessione, sottovalutato dai legislatori nazionali che, col D.Lgs. 387/2003, pongono una risorsa non rinnovabile (il suolo e non solo) in serio rischio, seppur a favore delle fonti energetiche rinnovabili, anch’esse importanti ma da programmare con attenzione. Attualmente è in atto la progettata compromissione o la totale perdita di vaste aree agricole produttive (Sardegna), a favore di impianti di FER quali il termodinamico solare a concentrazione, accompagnato da gassificatori e serre fotovoltaiche. Ritengo urgente che tale tema rientri appieno nella valutazione della perdita di suoli e della capacità al soddisfacimento del fabbisogno alimentare, oltre che nella valutazione della perdita rispetto al loro compito di contenimento delle emissioni cosidette “climalteranti”.

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