L’Italia è ormai una nazione di Santi, Navigatori e Convegnisti. Ogni giorno abbiamo a disposizione la nostra dose minima vitale di convegni che serve a fare girare l’economia. La geomatica, nel suo piccolo, non si sottrae a questa regola.

La scorsa settimana ho partecipato ad AMFM a Roma,  ITN a Torino e ai Colloqui di Dobbiaco.

Con l’affollamento di eventi, nazionali ed internazionali, la sovrapposizione è quasi una regola. La prima giornata di AMFM  è coincisa con Roma SmartCity, eventi entrambi organizzati con il contributo dell’Università la Sapienza. La seconda giornata di AMFM si è sovrapposta con ITN e mi sono ritrovato a seguire una sessione sugli open data con relatori e moderatori che avevo incontrato il giorno prima ad AMFM!

Insomma i convegni si moltiplicano e i partecipanti scarseggiano. Fino a quando reggerà il trucco di invitare decine di relatori pur di riempire la sala?

Per contrastare questo fenomeno si può provare a trasmettere gli eventi on-line in streaming, rendendo questi eventi delle videoconferenze accessibili via internet (vedi i nostri webinar). Dei tre eventi solo AMFM ha attivato questa soluzione, con un discreto successo, anche se con qualche problema tecnico.

Qualche considerazione sugli eventi.

AMFM

Nel mio intervento ad AMFM sullo “Spazio come opportunità di crescita del Paese” ho riportato una citazione di  Luca Sofri: “Ci sembrano centrali cose che sono nella bolla in cui siamo solo noi. Noi dobbiamo capire le altre bolle.”. Direi che la bolla AMFM si è progressivamente ridotta in questi anni e non è riuscita a interagire con le altre bolle che gli stanno accanto, vedi quella delle Smart City tanto di moda in questo momento.

AMFM è alla perenne ricerca di una sua identità, una missione. Sembra troppo uguale a se stessa in un mondo che cambia troppo velocemente e non resta ad attenderti. Ho l’impressione che si sia chiusa su se stessa, autoreferenziata. Ha puntato molto sul tema dell’interoperabilità, troppo INSPIRE perdendo di vista altri treni che passavano, penso agli open data. Forse troppe rigidità e vincoli ne hanno spento la carica propulsiva.

Buona l’idea di invitare Annoni del JRC. Mi sarebbe piaciuto qualche riferimento in più sullo stato di implementazione di INSPIRE in Italia. Ma forse non sarebbe stato politicamente corretto dire le cose come stanno.

Mi hanno riferito, tuttavia, che il secondo giorno ha presentato alcuni spunti interessanti.

Se dovessi  coniare uno slogan per la conferenza AMFM, sarebbe: “avrei  voluto”.

ITN

Era la mia prima volta. Non posso fare un confronto con gli anni precedenti, ma sicuramente si respirava un’aria molto “business”.  ITN mi è apparso un evento commerciale, pensato per le aziende. Un discreto numero di espositori, qualche buon intervento, voglia di stare al passo con i tempi. Si respirava comunque l’aria della crisi.

Interessante l’idea degli organizzatori di infilarsi sotto il cappello “Smart“, anche se ormai tende ad essere un termine abusato. Nella pratica quelli più smart sono stati proprio gli organizzatori, anche se non disponevano neanche di un hashtag per l’evento. Nelle relazioni e presentazioni, invece, ho percepito un focus sul business tradizionale. Solo in pochi interventi è emersa una visione olistica che serve nella gestione smart della mobilità. Aria diversa si respirava in alcune sessioni parallele come ad esempio quella sugli open data con grande affluenza e interventi interessanti.

Nella Plenaria si è parlato anche dei bei tempi andati, quando si facevano strade ed autostrade senza troppi problemi per ambiente, territorio e cittadini. Rievocare il PIL del “mattone” e dichiarare che mancano le infrastrutture fisiche per il trasporto (Bartolomeo Giachino, ex sottosegretario alle infrastrutture), mi è sembrato un pò anacronistico in un convegno sull’ICT per la mobilità. Oggi il mondo viaggia verso il digitale, verso il km zero. Si registra un inesorabile aumento dei costi energetici, e quindi del costo dei trasporti, e una riduzione complessiva della produzione di merci, come evidenzia la contrazione del PIL. Probabilmente le infrastrutture fisiche hanno bisogno di infrastrutture digitali per funzionare meglio.

Il divario digitale rappresenta una minaccia per lo sviluppo del paese e delle generazioni future. Servono le autostrade informatiche che in Italia sono ancora scarse, come ha evidenziato Marco Mena della Between, esiste un  gap che ci separa, in termini di connettività e propensione all’utilizzo di servizi on-line, dalle economie più attive. Progettare e realizzare Smart City senza prevedere una adeguata connettività non mi sembra un buon modo per spendere le poche risorse che sono rimaste al nostro paese.

Il sottosegretario Guido Improta ha segnalato che il Governo vuole porre fine a progetti pilota, che hanno fino ad oggi avuto una scarsa efficacia, evidenziando che una Smart City va prima di tutto progettata, quindi organizzata e solo alla fine realizzata. Personalmente ritengo che un approccio con reiterazioni continue, tipico del Design Thinking, sarebbe più adeguato rispetto ad un modello progettuale classico.

Se dovessi  sintetizzare con uno slogan l’impressione avuta ad  ITN, questo sarebbe “lavori in corso”.

Colloqui di Dobbiaco

Un evento un pò fuori  dal coro. Organizzazione “tedesca” tipica degli altoatesini e 20 anni di storia che si notano in una organizzazione impeccabile. Il comitato scientifico ha organizzato un giusto mix di interventi di alto livello, con relatori internazionali, tipicamente di lingua tedesca, attraverso interventi della durata di un’ora che ha consentito di affrontare i diversi aspetti con un giusto grado di approfondimento anche attraverso gli interventi  e le domande dei partecipanti.

Niente fuffa, niente social (no hashtag, no blog), niente politici. Solo ciccia.

Un modo “professionale” di fare cultura e condividere il sapere che mi è piaciuto molto. Forse un pizzico di innovazione verso i nuovi media servirebbe.

Il tema di quest’anno “Suolo, la guerra per l’ultima risorsa” mi ha spinto fin sulle Alpi, e ho fatto bene ad andarci.

Il suolo è risorsa limitata e non rinnovabile.  Il consumo di suolo è intimamente connesso alla protezione delle acque, alla disponibilità di cibo per l’umanità, ai valori culturali della terra. Questi i temi trattati dalle diverse angolature. Anche dal punto di vista del gusto, ci hanno fatto assaggiare due tipi di terra, bere le acque che vi scorrono e infine il vino prodotto su di esse per scoprirne le differenze!

Di impatto i video proiettati :”Dirt! The movie” e “Il suolo minacciato”.

Dalle relazioni è emerso con chiarezza che il del consumo del suolo è un problema vero, complesso da affrontare che richiede scelte difficili e, in alcuni casi, anche impopolari.

Durante il convegno è emerso che il consumo del suolo avviene generalmente a carico dei suoli migliori, quelli più fertili. Appartengono a questi i suoli fertili della pianura padana e quelli lungo le coste italiane. Sono i suoli più produttivi, che hanno bisogno di minori input energetici per la produzione di alimenti e sono prossimi ai consumatori.

Il Decreto “salva suoli agricoli” del Governo Monti, di cui ho parlato in un mio precedente post, è stato descritto in termini positivi anche se sono emerse alcune criticità. Ad esempio, dà per scontato che si debba ancora consumare suolo e non chiarisce come interagisce con la normativa attuale e con i piani urbanistici vigenti.

Tra i diversi interventi segnalo quello di Luca Mercalli, che ha portato dati oggettivi sul consumo del suolo,  sull’interazione con il clima ed ha evidenziato la mancanza di metodologie standardizzate di monitoraggio. La sua relazione ha trasmesso forti emozioni, “parlava con il cuore”. Mi sono comprato il suo ultimo libro “Prepariamoci”.

La dott.ssa Prokop,  rappresentante dell’UBA, Agenzia federale austriaca per l’Ambiente, ha evidenziato che in Europa ci sono 2 posti auto per ogni auto in circolazione. Ha fornito alcuni riferimenti di buone pratiche di successo a livello europeo. Ad esempio in Inghilterra sono riusciti a stimolare il riuso di suoli già antropizzati per nuovi progetti di edilizia residenziale o produttiva. Risultato: a fronte di un target del 60%, a consuntivo si registra che il 90% delle nuove aree residenziali viene realizzato su suoli già utilizzati per altre attività antropiche! Sarebbe da capire cosa ha innescato questo successo.

Mi è piaciuta meno la scelta fatta nella Repubblica Ceca di monetizzare il suolo facendo pagare una tantum di 6-15€/mq di suolo agricolo consumato per raccogliere fondi da destinare alla riqualificazione di altre aree degradate.

Il prof. Knoflacher ha riportato uno studio del 2006 in cui è stato calcolato che ogni mq di suolo perso determina un costo per la collettività di circa 25€/anno. Quindi se consideriamo che ogni giorno in Italia si perdono 100ha, lo stato Italiano dovrebbe incassare circa 10 miliardi all’anno, tutti gli anni, dai suoli persi in un singolo anno. Non mi piace la mercificazione di una risorsa non rinnovabile, come il suolo, ma potrebbe determinare una drastica riduzione del consumo e fare riprendere le casse dello stato per finanziare, ad esempio, gli interventi di messa in sicurezza del territorio dai rischi naturali.

Se dovessi  definire uno slogan per  i Colloqui di Dobbiaco questo sarebbe “cultura e consapevolezza”.

Chiudo con una bella la citazione di Umberto Eco: ”Per ogni problema complesso esiste una soluzione semplice, ed è quella sbagliata!”

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  1. (Ricevo – in quanto consigliere dell’associazione – questo commento di Mauro Salvemini, Presidente di AMFM, che qui riporto su suo invito in attesa che Enzo, se lo vorrà, possa commentare a sua volta. Massimo Z.)

    Caro Barbieri ,
    grazie per avere partecipato alla Conferenza e per averla commentata sul tuo blog […]

    Commento quindi il tuo punto di vista e propongo quanto di seguito.

    Non condivido il fatto che non ci siamo aperti e confrontati , a parte il fatto che facciamo una delle poche forse l’unica conferenza ed i WS a costi 0 di partecipazione in Italia come Associazione , ritengo che ne abbiamo macinate di iniziative negli ultimi tempi. Mi dispiace che tu non fossi all’assemblea dove abbiamo passato in rassegna quello che abbiamo fatto solo nell’ultimo anno , a questo proposito allego una slide della mia relazione. Il fatto di essere l’associazione che sta facendo lobby ( odio questa parola dopo averne analizzato l’etimologia, ma la uso per brevità e per facilitare la comunicazione) su l’unica iniziativa legislativa circa INSPIRE in Italia non penso proprio che ci ponga a latere della implementazione anzi ! e ho citato solo l’aspetto politico senza citare quelli tecnici ( cfr. sessione sul modello dei dati per la pianificazione etc.) .
    Comunque grazie di nuovo dei tuoi/vostri commenti , in qualità di socio con seggio nel CD , sono molto utili e ben accetti.

    Ma passiamo alla proposta. Abbiamo sempre detto , e lo ho ripetuto in assemblea, AMFM come NGO desidera avere input dai soci per fare cose ed ampliare l’audience . Negli ultimi anni solo Andrea Deiana, Franco Vico e Monica Sebillo hanno proposto eventi due dei quali si sono concretizzati l’uno a Bo , l’altro a RM in due seminari di un successo strepitoso . A tal proposito , certo non ti è sfuggito che nella mia presentazione ho richiamato che l’unico seminario su INSPIRE esistente in rete ad oggi è quello fatto a RM ( sic!). La terza iniziativa quella di Sebillo che si doveva tenere a Salerno dopo un lungo periodo di gestazione e di lavoro, PURTROPPO non è avvenuta . Eppure ci tenevamo tanto a fare un evento al SUD . E allora visto che state nel CD , visto che siete posizionati al SUD , visto che siete attivi con i mezzi di comunicazione , visto che certo rappresentate una delle realtà italiane della GI : PERCHE’ NON PROPONETE UN WS DA SVOLGERE AL SUD ? I temi certo non mancano e saremo ben lieti di discutere quello proposto a tamburo battente in CD ed ad avviarlo.
    Un caro saluto attendendo un tuo riscontro sul punto,

    Mauro

    p.s. se vuoi puoi stampare questa mia sul tuo blog.

    Prof. Ing. Mauro Salvemini
    Distinguished University Professor
    President AMFM GIS Italia – www.amfm.it
    Treasurer EUROGI – www.eurogi.org
    Dipartimento DIAP – Sapienza Università di Roma www.labsita.org

  2. Complimenti Enzo, gran bell’articolo.

    Voglio fare alcune considerazioni per dare un piccolo contributo alla discussione.

    Ho partecipato solo a un paio di Conferenze AMFM – sebbene non quella della settimana scorsa – e in entrambe non ho respirato un clima particolarmente coinvolgente, anzi troppo autoreferenziale, con sessioni gestite in maniera “classica” nelle quali i relatori si limitavano ad esporre il proprio lavoro e tutt’al più rispondere a qualche domanda al termine dell’intervento. Roba esclusivamente per addetti ai lavori insomma.

    Oggi il paradigma degli eventi conferenziali è cambiato, direi che si è letteralmente ribaltato. Gli organizzatori – soprattutto se si tratta di associazioni di settore – non devono più pensare di essere gli unici a sapere cosa comunicare, limitandosi a raccontare quel che fanno ognuno a casa propria.

    Prima di organizzare un evento è oggi necessario sedersi in mezzo al pubblico, girare tra la gente e capire di cosa ha bisogno, quali sono i problemi che ha necessità di risolvere, per poi offrire le proprie competenze per dissipare dubbi, offrire soluzioni, accendere il confronto.

    Volete un esempio? Internet Festival 2012 (http://bit.ly/IF2012) che si sta tenendo in questi giorni a Pisa. Sessioni parallele con formule da talk, forte presenza sui social network (Twitter, #IF2012), laboratori, eventi sociali dal vivo.

    Anche i webinar non si sottraggono a questi cambiamenti, anzi forse devono tenerne conto ancora di più, perché a un evento dal vivo incontro gente, la guardo negli occhi, ci parlo, ci pranzo assieme, insomma ci vado per rafforzare relazioni e imbastirne di nuove.

    Quando invece organizziamo un webinar, il tema deve essere impostato in modo tale che la gente possa essere invogliata all’interlocuzione una volta connessa. Come? Mettiamoci sin dall’inizio a loro disposizione per chiarire dubbi e aspetti poco chiari di ciò di cui stiamo parlando, facciamo capire qual’è il nostro punto di vista, ma chiediamo anche qual’è il loro. In definitiva, non diamo per scontato di saperne più degli altri.

    Forse è questo che manca da sempre alle Conferenze AMFM, ovvero svestire i panni accademici e indossare anche quelli degli altri, dei tecnici, degli amministratori, degli esperti di dominio, ed essere consapevoli che anche loro hanno qualcosa da comunicare.

  3. Vincenzo Barbieri

    Caro Prof. Salvemini,
    ti ringrazio per la nota che mi hai inviato consentendomi di pubblicarla su questo Blog.
    Ovviamente abbiamo due punti di vista differenti dello stesso problema e questo è un valore, la diversità aiuta a crescere e a migliorarsi.
    Ho sempre partecipato alle conferenze AMFM e il mio commento si riferisce a quanto ho visto in questi anni.
    Non entro nel merito di quello che si è fatto. Nel mio commento non ho messo in dubbio che siano state fatte molte iniziative. Anzi sono stati organizzati eventi con contenuti tecnici interessanti grazie alla dedizione di alcuni colleghi soci di AMFM che ringrazio per il loro impegno.
    Come uomo d’impresa sono abituato a valutare i risultati delle azioni.
    Sulla base di quanto ho visto in questi anni ritengo che l’interesse verso la conferenza AMFM si è progressivamente ridotto, la Bolla si è sgonfiata. Analogo processo sta avvenendo a carico di Asita e delle altre associazioni del mondo della geomatica.
    Probabilmente servono modi nuovi per comunicare in un contesto che si evolve continuamente e velocemente.
    Pietro Blu Giandonato nel suo intervento ha evidenziato come si stanno sviluppando nuove formule comunicative che oggi riescono a raccogliere l’interesse di tecnici e cittadini comuni.
    La tua proposta di organizzare un “evento al SUD”, poiché Planetek Italia è una azienda del SUD, ad esempio, dimostra una impostazione tradizionale che ritengo non sia più sostenibile.
    AMFM ha il mandato di “favorire lo scambio di conoscenze ed esperienze e di promuovere i rapporti di collaborazione fra gli operatori pubblici e privati del settore italiano nel campo dei Sistemi Informativi Geografici ( GIS ) e dell’Informazione Geografica (GI) in generale;” come cita il primo capoverso del’Art.2 dello Statuto.
    Ritengo che oggigiorno sia poco efficace svolgere questa attività attraverso eventi isolati organizzati in modo tradizionale.
    Sarebbe interessante coinvolgere i soci e tutti coloro che operano nel settore della geomatica per interrogarsi sulla opportunità introdurre nuovi modi di comunicare in grado di stimolare la discussione informale e lo scambio di esperienze tra i partecipanti, con l’obiettivo di far emergere proposte concrete e utilizzabili all’interno delle amministrazioni.
    Un esempio sono i workshop interattivi “Innovation Cafè” organizzati dalla ”Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione” che ha adottato modalità di lavoro interattive, approcci co-creativi e tecnologie informatiche a supporto del crowdsourcing per facilitare la raccolta di idee e l’elaborazione di proposte condivise. In questi processi di comunicazione innovativa trovano ampio spazio tecnologie come blog, webinar, forum per informare e formare al fine di stimolare conoscenza e consapevolezza dei temi trattati.
    Questa discussione pubblica è comunque un segnale positivo e, mi auguro, possa risultare di stimolo alla ricerca di soluzioni creative ed innovative per garantire il futuro di AMFM.

  4. Ho cercato di leggere attentamente tutti i commenti e gli scambi di mail tra i vari colleghi e credo che esista un errore di fondo a valle della “positiva provocazione” di Vincenzo.

    Credo, anzi sono certo, che Vincenzo – da “uomo di azienda” (ma non scordiamo, anche “uomo di marketing” infatti continua a spacciare Parigi come un piccola Bari… J) – non volesse assolutamente esprimere critiche verso chicchessia, ed anzi ha evidenziato che grazie all’operato di alcuni soci l’Associazione ha portato avanti diverse iniziative con successo in questi anni.

    Si deve anche “accettare” (questo credo sia il termine correto) che le attività ed iniziative sono “limitate” poiché i soci che si attivano non possono, giustamente, dedicare il 100% del proprio tempo all’Associazione e che il budget è fisiologicamente limitato.

    Ma il problema credo che sia un altro e non possiamo pensare che – senza affrontare gli argomenti di base – si possa sperare in grandissimi cambiamenti rispetto ai “problemi” esposti da Vincenzo.

    Credo che le domande che ci dobbiamo porre (a che, secondo me, si dovrebbe porre anche ASITA, Federazione di cui, non scordiamoci, facciamo parte) siano:

    1. AMFM è o no è l’Associazione che dovrebbe tendere a rappresentare la comunità della geomatica Italiana?

     Se la risposta è sì, credo che oggi questo non sia vero. Troppi sono i protagonisti e gli utenti di questo settore che non ci considerano tali (o che addirittura conoscano l’Associazione e quello che l’Associazione potrebbe fornire loro);

    2. AMFM raccoglie in sè (non intendo “solo” negli organi direttivi o come soci dell’Associazione, ma come partecipanti attivi o passivi alle attività della stessa) gli attori principali di questo settore a livello nazionale? La risposta, se mi permettete è:

    – abbastanza per il settore dei “fornitori” (credo che si possa affermare che i soci industriali – tra fornitori di tecnologie e servizi specifici / dedicati della geomatica – rappresentino un’alta percentuale del mercato):

    – assolutamente no per quanto riguarda gli altri attori “industriali” che largamente (in quantità e complessità) utilizzano tecnologie geomatiche ma non sono “dedicati” a tali discipline (system integrators, grandi IT providers) che mancano assolutamente all’appello;

    – poco nel settore accademico e della ricerca: ho i miei dubbi che le storiche (e stoiche) partecipazioni nell’Associazione delle poche realtà del mondo Education/Academic/Research Italiane siano sufficienti. Ma qui si formano i geomatici (ed i soci….) del futuro…

    – insufficiente verso gli attori della PA. Conoscete il mio pensiero. Troppi grandi utenti pubblici mancano all’appello. Dalle PA Centrali alle PA locali alla Difesa ed Intelligence. Gli sforzi che, volta per volta, si fanno per coinvolgere attori importanti (vedi l’ultimo “successo” nel coinvolgere Regione Veneto che è risultato assolutamente elogiabile e molto positivo, vista la storia, credibilità ed esperienza di Maurizio De Gennaro, non solo a livello Regionale) non sono a mio parere sufficienti;

    – scarso verso utenti (di ogni grandezza) “industriali” (anche “partecipati” dal pubblico) come i grandi operatori di telco, owner e gestori di infrastrutture di ogni tipo: credo che condividiate che, tranne qualche piccolo segnale di interesse, l’assenza di tali soggetti sia storica e cronica;

    3. quindi, rispetto a quanto sopra, stiamo veramente facendo tutto per:

    – trovare risorse sufficienti (economiche e umane) a che ciò accada?

    – Sono i nostri programmi, le nostre proposte, la nostra visibilità, la nostra comunicazione adeguati a che il punto 1) e 2) sopra possano migliorare?

    4. Per cui, quale programma dobbiamo studiare per una crescita possibile, “consistente” nel tempo e nei modi, ed adeguata?

    Mi conoscete, avrei altre decine di cose da evidenziare. Vi prego, non rispondetemi con la solita frase: “ma noi non siamo un’azienda privata che deve rispondere a logiche di acquisizione e di market share”. È una risposta che ho duramente contestato quando mi è stata data in altri contesti dove ho evidenziato gli stessi cronici problemi, nonostante gli sforzi eroici di pochi colleghi che provano ad introdurre innovazioni, per sentirmelo dire anche da voi.

    Ma questi, secondo me, sono i nodi principali da sciogliere.

    In ogni attività delle nostra vita (personale e professionale) il processo di individuazione della propria natura, missione, strategia, obiettivi e strumenti per il raggiungimento degli stessi è processo naturale in ogni essere umano ed in ogni azienda.

    Mi piace viaggiare -> voglio viaggiare solo in paesi esotici, difficile e lontani -> devo imparare almeno due lingue (o avere soldi per una guida specializzata) -> devo studiarle e risparmiare durante l’anno -> parto e mi diverto.

    Possiamo anche continuare a comprare viaggi last minute e low cost nei villaggi turistici o passare l’estate a Torvajanica.

    E’ questione di scelte. Ma non ci lamentiamo poi degli animatori che ci rompono le scatole H24 o che ci dobbiamo fare il bagno nell’acqua color “rivoluzione industriale inglese”…

    Credo che su questo ci si debba interrogare. Altrimenti, come negli anni passati, ancora tra un anno ci troveremo a ridiscutere questi argomenti.

    Ciao, Claudio

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