Indicatori Geospaziali per la VAS
“….L’impressione è una diffusa impreparazione, da parte di tutti i soggetti coinvolti (progettisti, Enti Locali, redattori della VAS, cittadini), ad affrontare fino in fondo la sfida della VAS e le sue reali implicazioni sulla pianificazione territoriale…..”
(ISPRA, 2011, “Report sullo stato di attuazione della VAS in Italia”)
La VAS – Valutazione Ambientale Strategica – è un processo finalizzato ad integrare considerazioni di natura ambientale nei piani e nei programmi, per migliorare la qualità decisionale complessiva (vedi wikipedia).
La VAS si applica, secondo la Direttiva 2001/42/CEE e il D.lgs n. 152/2006 di recepimento in Italia, a molti tipi di piani-programmi che hanno impatto sul territorio. In tutti quei piani in cui è presente la componenete territoriale è necessario prevedere, per la fase di monitoraggio della VAS, la messa a punto di indicatori geospaziali che possano consentire di mettere in correlazione l’evoluzione del territorio con l’efficacia del piano.
Recentemente ISPRA ha rilasciato il Rapporto 143/2011 predisposto dal Gruppo di Lavoro Interagenziale Monitoraggio Piani VAS, che illustra le corrette metodologie di implementazione della VAS e presenta una prima valutazione sullo stato di attuazione della VAS in Italia. I risultati sono abbastanza scoraggianti, anche se in linea con la media Europea (vedi report della Commissione del 2009).
Nell’ambito della VAS dei piani Urbanistici viene riportata l’esperienza dell’Arpa Lombardia che testualmente cita “….L’impressione è una diffusa impreparazione, da parte di tutti i soggetti coinvolti (progettisti, Enti Locali, redattori della VAS, cittadini), ad affrontare fino in fondo la sfida della VAS e le sue reali implicazioni sulla pianificazione territoriale…..”. Con riferimento ai piani di monitoraggio si riporta che ” per quanto attiene alla definizione del sistema di monitoraggio si è osservato che di solito consiste in un elenco di indicatori non rappresentativi, spesso solo di contesto, quasi mai popolati o popolabili e finalizzati all’aggiornamento dello stato dell’ambiente a scala comunale.”
Concordo con quanto riportato nel report di ISPRA. Negli ultimi mesi ho verificato che la VAS è un oggetto sconosciuto. Molti professionisti percepiscono la VAS come una minaccia e cercano di ricondurla ad un altro formalismo da risolvere (scrivendo alcune decine di pagine di relazioni assolutamente generiche e buone per ogni stagione….).
Perchè la VAS è percepita come una minaccia? Fare una buona VAS richiede dati aggiornati sullo stato dei luoghi, capacità di simulare lo sviluppo del territorio con i diversi scenari evolutivi, definire obiettivi chiari e misurabili del piano e adottare indicatori in grado di misurare questi obiettivi secondo metodologie e procedure dichiarate in anticipo.
Questo approccio richiede uno sforzo metodologico notevole e competenze tecniche e tecnologiche allo stato dell’arte. E la geomatica, per la VAS di piani territoriali, svolge un ruolo determinante.
L’importanza degli Indicatori
Se consideriamo la fase di monitoraggio dei piani, così come prevede la VAS, è indispensabile disporre di indicatori geospaziali in grado di rappresentare l’evoluzione del territorio. Questi indicatori, prodotti sui dati storici, dovrebbero essere disponibili fin dalle prime fasi di redazione dei piani urbanistici contribuendo alla redazione del quadro conoscitivo e fornendo una base di riferimento da utilizzare nella fase di monitoraggio.
Emerge un chiaro collegamento tra Processo di Piano e redazione della VAS, che purtroppo non si realizza poichè il progettista che redige il Piano generalmente è diverso dal professionista che redige la VAS.
Inoltre il monitoraggio della VAS, nel tempo, è generalmente realizzato da altri soggetti (ad es. dai tecnici dell’ufficio di Piano del Comune) e quindi è forte il rischio che in questi passaggi si perda il filo unico che unisce gli obiettivi del piano, le misure attuative, il loro impatto sul territorio e gli strumenti per il monitoraggio.
Nell’ambito del progetto di ricerca MaTRis abbiamo analizzato circa 60 piani comunali, provinciali e regionali ed è emerso che tra gli indicatori più ricorrenti l’indicatore di Consumo di suolo è quello più frequente – praticamente era presente in tutti i piani.
Tra i numerosi indicatori che vengono utilizzati per le VAS dei Piani Urbanistici il consumo del suolo ha infatti assunto un ruolo centrale nella pianificazione territoriale e ci sono diverse iniziative a levello nazionale ed internazionale per monitorare questo fenomeno (si guardi il report ISPRA del consumo di suolo nelle città).
Questo indicatore non solo è praticamente sempre presente nella VAS, ma ancora più frequentemente diventa centrale negli obiettivi dei piani che prevedono consumo zero di suolo (come prevede il piano strutturale di Firenze). In questi casi è evidentemente indispensabile definire le metodologie di monitoraggio in grado di valutare, nel tempo, il raggiungimento di questo obiettivo.
Il consumo di suolo
Prima di tutto va definito cos’è il consumo del suolo in quanto, come cita wikipedia, “Ad oggi non esiste una definizione univoca di consumo di suolo”.
Dopo avere stabilito cosa significa, è necessario definite le metodologie per misurarlo. Queste metodologie andrebbero applicate a dati storici per testarne l’efficacia e definire i trend di consumo di suolo, così da contribuire alla definizione del quadro conoscitivo.
La metodologia ottimale deve consentire di mettere a punto analisi storiche utilizzando dati già esistenti, deve prevedere aggiornamenti facilmente realizzabili e a basso costo, deve essere il più possibile automatizzabile per ridurre i costi di implementazione e non deve dipendere da scelte soggettive dell’operatore che la realizza, per garantire la replicabilità del metodo nello spazio e nel tempo.
Tra le diverse metodologie adottate quella che sembra fornire i risultati migliori prevede l’analisi multitemporale di mappe di soil sealing (impermeabilizzato) e di mappe di uso del suolo. In questo modo si riesce ad individuare le aree consumate (aree naturali con un certo grado di permeabilità che diventano artificiali e sono caratterizzate da un elevato grado di impermeabilizzazione), mapparle su base cartografica e classificarle sulla base dell’uso del suolo (cos’erano e cosa sono diventate).
Il piano di monitoraggio deve essere accompagnato dalla pianificazione temporale con cui effettuare il monitoraggio. Quindi, sulla base di questa pianifcazione, si deve effettuare il monitoraggio, che consente di valutare l’evoluzione del territorio rispetto agli obiettivi che erano stati definiti nel piano.
E’ evidente che per un singolo tecnico può essere complesso gestire questo processo, che richiede competenze complesse nella gestione di dati geografici e la loro elaborazione con metodologie standardizzate di trattamento di dati geo-spaziali. Inoltre le stesse metodologie devono essere applicate in modo identico dai diversi tecnici che nel tempo vengono chiamati a effettuare il monitoraggio del piano, pena il decadimento qualitativo del monitoraggio.
La disponibilità sul mercato di indicatori prodotti in modo standardizzato, con specifiche chiare e dichiarate, può risultare una soluzione ideale per i tecnici che devono redigere Piani o occuparsi del monitoraggio della VAS. Ad esempio Planetek Italia ha costruito e messo a punto, in collaborazione con diverse realtà locali, delle metodologie e dei processi ad hoc per redigere i Piani Territoriali e monitorare la VAS.
Sarebbe interessante poter ricevere i commenti di tecnici che redigono Piani urbanistici e VAS e avere il loro punto di vista sul tema della interazione tra Pianificazione Urbanistica e Geomatica.
Vincenzo Barbieri
Segnalo che nell’ambito dell’evento Mediterre che si terra a Bari dal 30 gennaio al 4 febbraio il giorno 2 febbraio si tiene un convegno: La Valutazione Ambientale Strategica per le città sostenibili – esperienze di collaborazione istituzionale e contenimento del consumo di suolo.
(il programma), per seguire il convegno su twitter si utilizzerà hashtag #valutazioneambientale.
francesco rotondo
concordo con quanto affermato da Vincenzo barbieri.
Per il progettista, il problema principale riguarda la trasformazione del parere motivato in un ulteriore adempimento burocratico che spesso non apporta miglioramenti al piano ed indica ulteriori indicatori spesso difficlmente popolabili.
Mentre mi sembra un utile apporto della VAS la necessità di far lavorare progettisti, committenti ed ENti locali su possibili scenari alternativi tenedendo presente, però, che le trasformazioni non sono soltanto potenziali danni ambientali, ma anche processi di sviluppo economico e sociale ulteriori elementi da valutare per ottenere l’effettivo grado di sostenibilità ambientale (intesa secondo la definizione del Rapporto Bruntland).
Nicola Amoruso
Convegno VAS: qualche considerazione.
Innanzitutto l’analisi fatta da Vincenzo, mi trova d’accordo. Qui di seguito vorrei solo porre l’accento su alcune sensazioni e opinioni scaturite dal convegno di cui sopra, con l’intento, si spera, di offrire un altro punto di vista (e magari ulteriori spunti di discussione) su una questione che reputo di enorme importanza strategica, sia per la Planetek sia per me che da questa esperienza cerca di trarne il massimo profitto in termini di formazione professionale e di conoscenza.
Un parere da molti condiviso è che in questi convegni si viaggi molto in superficie senza mai entrare nel merito delle questioni. Non fa eccezione la discussione sulla VAS, concetto dal mio punto di vista piuttosto vago. Tuttavia, la giornata si è rivelata comunque proficua, infatti, se da un lato non c’è molta chiarezza sul concetto di VAS e sulle azioni che essa dovrà produrre, dall’altro risulta ormai obbligatorio da parte delle istituzioni (comuni, province, ecc.) ricorrere alla VAS. Tutto ciò si traduce in un’opportunità per chi opera nel settore della geomatica e in particolare per la Planetek, soprattutto se si pensa che – da quanto ho potuto costatare – l’utilizzo di tecniche automatiche applicate all’aggiornamento delle mappe di uso del suolo e all’individuazione di aree a rischio, è di fatto semi-sconosciuto per le istituzioni italiane (l’approccio più ‘tecnologico’ che è stato presentato, prevedeva la sovrapposizione su un’ortofoto di una griglia costituita da celle quadrate di lato 5 metri, in pratica una digitalizzazione manuale che dovrebbe consentire la misura dei metri quadrati di area urbana senza peraltro tenere conto dello sviluppo verticale delle strutture). In altri termini, l’obbligo della VAS induce una domanda alla quale Planetek deve (e può) contrapporre un’offerta. Tutto facile? No. C’è molto da lavorare, soprattutto – a mio parere – a livello comunicativo e di linguaggio: è importante saper comunicare alle istituzioni (e utenti in genere) l’importanza e quindi le opportunità offerte dallo strumento tecnologico (i dati e i metodi della geomatica e del remote sensing) per realizzare la VAS. A tutto questo va aggiunta la scarsa chiarezza nella definizione degli indicatori di monitoraggio ambientale (ad es. la variazione delle linee di costa). Definire in maniera oggettiva e possibilmente quantitativa tali indicatori, comporta di fatto, diversi passaggi quali ad esempio la realizzazione di norme condivise. Tale realizzazione è possibile solo attraverso la partecipazione di diversi partner (politici, burocratici, tecnici) con conseguente allungamento dei tempi prima di veder realizzato un documento di riferimento definitivo e soprattutto operativo.
In definitiva, le opportunità esistono, ma la strada da percorrere è lunga e tortuosa, occorre quindi attrezzarsi, in modo da essere pronti per quella che è, a tutti gli effetti, una sfida non solo in termini di innovazione ma anche in termini di civiltà.