Liberalizzare i dati o venderli per rientrare degli investimenti effettuati? Negli anni Novanta si era diffusa la convinzione che le amministrazioni pubbliche fossero sedute su una miniera d’oro. I dati e le informazioni che venivano generati nell’assolvere i loro compiti potevano essere rivenduti agli utenti per ridurre la necessità di sovvenzioni e anzi diventare centri […]

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Disporre di dati ed informazioni gratuite fornite da data provider istituzionali è un tema molto attuale in un periodo in cui le risorse si riducono, così come la capacità di pianificare investimenti per il monitoraggio ambientale nel medio e lungo periodo.

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Negli ultimi anni, l’offerta di dati telerilevati si è molto ampliata in termini di numero di satelliti e sensori attualmente in orbita, con performance migliorate, dal progressivo aumento della risoluzione ai tempi di rivisitazione sempre più stretti. Un ulteriore trend positivo è la sempre maggiore disponibilità di tecnici e professionisti preparati nell’utilizzo evoluto di questi dati. A fronte di tutto ciò però, la Pubblica Amministrazione non riesce a trarre vantaggio da queste innovazioni. Il problema? La burocrazia.

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“Tanto le mappe prodotte da satellite non servono a nulla, sono solo belle da vedere e fighe da raccontare!”. Quante volte avete sentito dire frasi come questa? A me capita spesso e probabilmente queste considerazioni derivano da una storica scarsa standardizzazione dei prodotti derivati da Osservazione della Terra (OT) che ne ha reso difficile, fino ad oggi, l’utilizzo operativo.
In questo articolo vi riportiamo i commenti e gli atti (video e PPT) del seminario “Metodologie e Tecnologie Innovative nella Pianificazione Urbanistica” nel quale è emerso un interessante confronto ed è stato presentato un caso concreto di utilizzo di tecniche e metodologie derivate dai dati da satellite nella Redazione del Piano Urbanistico Generale (PUG) del Comune di Apricena.

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