Si fa presto a dire crescita
Come stimolare la crescita dell’economia attraverso un modello etico di sviluppo?
A chiacchiere siamo tutti etici. Siamo i migliori a dire cosa dovrebbero fare gli altri e cosa non dovrebbero fare, sempre gli altri.
Agli imprenditori viene chiesto di impegnarsi per fare riprendere la crescita per sconfiggere la crisi.
Lo chiedono tutti: politici, sindacalisti, lavoratori, disoccupati.
Ma coloro che chiedono alle imprese di svilupparsi, di essere più competitive, di agire su mercati internazionali agiscono per favorire questo processo? La Pubblica Amministrazione (PA) con il suo operato favorisce la competitività delle imprese?
Qualche dubbio mi viene. E anche qualche proposta.
Capitalizzazione delle Aziende e tempi di pagamento
Le aziende italiane, specialmente le PMI sono generalmente sottocapitalizzate e hanno problemi finanziari. Vero. Quindi la PA che fa? Paga a 180 giorni mentre le PA tedesche pagano a 30 giorni. Quindi una PMI italiana che vuole competere con una tedesca deve superare anche il gap finanziario che gli deriva dal mercato interno. Inoltre le Imprese vorrebbero avere gli stessi diritti dello Stato. Per quale motivo se ritardi nei pagamenti delle tasse ti ritrovi Equitalia che ti strizza mentre se lo stato non paga i suoi debiti con le imprese non succede nulla?
Una ricetta semplice è che la PA si impegni a pagare i debiti nei tempi convenuti dai contratti che attiva con i fornitori. Le recenti iniziative del governo vanno in tal senso, speriamo che non siano solo promesse.
Innovazione e ricerca
Le statistiche dicono che le aziende italiane fanno poca ricerca e quindi poca innovazione.
Tutti dichiarano che per sostenerle è necessario mettere a disposizione delle imprese ingenti risorse per finanziare l’innovazione.
Prima considerazione: i soldi sono finiti e ce ne saranno sempre meno per finanziare la ricerca.
Seconda considerazione: in Italia (ma anche in Europa) si finanzia la ricerca sulla base delle giornate uomo che hai dichiarato di aver utilizzato e non sulla base dei risultati che hai ottenuto. Quindi questo metodo di finanziare la ricerca non premia chi produce innovazione.
Non sarebbe più semplice detassare gli utili reinvestiti in ricerca?
Ci sono alcune soluzioni, come il procurament precompetitivo già illustrato in un articolo precedente, che potrebbero favorire processi virtuosi.
Mercati competitivi
Le aziende devono essere in grado di competere sul mercato internazionale. Vero. Come si fa?
Ti alleni operando nel mercato interno e poi aggredisci il mercato internazionale. Teoricamente. Per questo serve un mercato interno competitivo.
Ma se il mercato interno adotta criteri basati essenzialmente sulla componente economica, sul massimo ribasso, come puo riconoscere e valorizzare le aziende che cercano di distinguersi introducendo innovazione che crea valore?
Certo serve una PA capace di scegliere e che abbia voglia di farlo. In un contesto di spending review, dove la riduzione dei costi è l’obiettivo primario, come si fa a valorizzare le proposte che mirano a crare valore invece che a creare plusvalenze a scapito del soggetto debole di turno? Qualcuno ci rimette, sempre. Il soggetto debole può essere il lavoratore che sarà precario, spremuto delle sue competenze e sottopagato, il fornitore che a sua volta andrà a spremere i suoi soggetti deboli, l’ambiente che ci circonda, la collettività.
Il valore sta nelle persone
Per una azienda, in particolare per quelle ICT, competere significa sviluppare know how, conoscenza, esperienza dei tecnici. Generalmente questo processo si ottiene mixando formazione, progetti di innovazione, commesse con clienti che ti spingono a fare sempre meglio. Il valore della azienda è nelle persone che ci lavorano. Tutto quello che facciamo ogni giorno è cercare di combattere il processo di obsolescenza che cerca di distruggere la cosa più preziosa per una knowledge company: il nostro sapere che risiede nel nostro personale.
Come può una azienda creare valore attraverso il proprio personale se questo non è stabilmente coinvolto nello sviluppo dell’azienda?
Le aziende hanno bisogno di personale stabilmente impegnato per poter investire nel medio e lungo periodo. Un modello di sviluppo che prevede aziende completamente flesibili con personale precario non punta a sviluppare innovazione, a creare valore per l’azienda e la collettività ma solo ad operare in modo tattico per acquisire commesse nel breve periodo grazie a strategie di prezzo.
Le PA creano precari
Negli ultimi anni le PA hanno attivato un processo distruttivo verso la competitività del sistema paese riducendo la capacità delle aziende di andare a competere sul mercato internazionale.
Hanno progressivamente smesso di chiedere soluzioni e hanno sempre più richiesto, direttamente o indirettamente attraverso le società in house, personale a tempo da gestire internamente. Questo comportamento, spinto dall’affannosa rincorsa di ridurre i costi, sta portando a conseguenze nefaste. Le aziende hanno minori opportunità di sviluppare team in grado di sviluppare soluzioni ad alto valore da poter utilizzare come elemento competitivo. Stanno progressivamente perdendo lo stimolo alla innovazione e cercano le soluzioni, le scorciatoie, per poter essere più competitive da un punto di vista del prezzo di vendita.
In questo modello di business dove il costo del personale deve ridursi per essere competitivi la precarietà è vincente. Le PA non possono investire nella formazione di questo personale temporaneo, precario. Questo personale progressivamente perde di competenza. Diventa obsoleto. Da essere una risorsa diventa un onere per la collettività. Il loro sostegno richiede ammortizzatori sociali che costano più di quanto la PA crede di aver risparmiato.
La PA deve essere in grado di trasformare i propri costi in un investimento. Deve stimolare lo sviluppo qualificando i propri acquisti valorizzando le aziende che riescono a proporre soluzioni che creano valore. Deve essere il miglior partner dei propri fornitori.
La ricerca e il mercato
L’affannosa ricerca di fondi ha coinvolto anche il mondo della ricerca che si è spinta verso la competizione con le aziende che operano sul mercato. Sempre più frequentemente i centri di ricerca si offrono per realizzare prodotti e servizi che normalmente dovrebbero essere realizzati dalle imprese. Si assiste al proliferare di spinoff universitari che, in alcuni casi, non hanno un modello di business ben definito. Aziende che non hanno da valorizzare prodotti o servizi innovativi ma semplicemente hanno l’obiettivo di entrare sul mercato per “creare posti di lavoro” acquisendo quote di mercato in competizione con le aziende “tradizionali”.
Ma la ricerca non dovrebbe essere un asset strategico per sostenere le imprese? Una leva che le imprese devono utilizzare per crescere. Un partner di cui fidarsi?
Meritocrazia
Il personale delle aziende, i lavoratori, non sono semplicementi dei prestatori d’opera. Sono l’essenza dell’azienda, sono l’asset strategico. Contribuiscono attivamente allo sviluppo della propria azienda e così facendo difendono se stessi, il loro posto di lavoro, il posto dei loro colleghi. Difendere i propri diritti significa anche riconoscere che, qualche volta, ci sono colleghi che non fanno il loro dovere e che penalizzano tutti. Tutto a tutti, ad ogni costo, non è sostenibile in un contesto competitivo dove le aziende non possono svolgere il ruolo di ammortizzatore sociale.
Le regole del gioco
La ripresa della competitività del nostro sistema paese necessita di chiarezza nei ruoli e nelle strategie di ogni soggetto. Ogni soggetto deve riappropriarsi del proprio ruolo. In questo contesto di chiarezza vanno sostenute le imprese facendole riappropriare anche di quella funzione sociale che devono svolgere. Fare Impresa Etica deve essere un valore (vedi Consorzio Costellazione Apulia)
È necessario definire con chiarezza gli assi prioritari di sviluppo (non ho usato la parola crescita!) che possono creare un vantaggio competitivo al sistema paese. Quelli in grado di valorizzare gli elementi di unicità che abbiamo.
È indispensabile cambiare le regole del gioco. Valori come etica, sostenibilità, bene comune siano alla base dei criteri di scelta del mercato.
Tutto ciò richiede l’impegno degli Imprenditori, dei Politici e della Amministrazione Pubblica, dei Lavoratori, dei singoli Cittadini.
Ognuno è chiamato a dare il suo contributo.
renzo carlucci
Poche e semplici considerazioni di estrema efficacia che condivido e propongo anch’io nel mio ambiente. Un dubbio mi attanaglia, possibile che sia così semplice la soluzione? Mi hanno insegnato sempre che non può essere tutto così semplice, ma nel tempo ho anche appreso quanto tutto sia piú semplice di quanto siamo portati a credere e … complicare!
Vincenzo Barbieri
@renzo carlucci
Renzo concordo con te. A problemi complessi e non ci sono soluzioni semplici che risolvono tutto. E’ anche vero che se ci sono cose semplici che sono parte della soluzione non si capisce per quale motivo non implementarle.
In tal senso il contributo di tutti è importante. Se pensiamo che non dipende da noi, che sono gli altri a dover agire non ci assumiamo il compito di decidere per il ns. futuro. Dare l’esempio è lo strumento formativo più potente che conosco.