Il convegno Smart City Exibition nel complesso è stato interessante.

Un mix sapiente di contenuti e immagine che ha messo insieme amministratori e funzionari che operano nelle istituzioni europee, nazionali e locali, fornitori di tecnologie, un dose minima vitale di ricercatori, e portatori di interesse.

Come traccia prendiamo come riferimento il titolo dell’evento.


Exbition

Erano presenti gli spazi espositivi di alcuni fornitori di tecnologia che presentavano soluzioni “pronte all’uso” e amministrazioni interessate a presentare il loro punto di vista e quanto stanno già facendo.

Se per i primi, i fornitori di tecnologie, era chiaro il motivo per cui erano presenti, non sempre era chiaro il motivo della presenza dello stand delle Amministrazioni, almeno per alcune di esse.

Interessante vedere quello che gli altri fanno, le buone pratiche ci dimostrano che è possibile agire ed avere risultati. Negli stand di amministrazioni e aziende sono stati organizzati numerosi workshop molto seguiti.

La bicicletta che ti ricarica lo smartphone è una ottima trovata per fare capire il valore dell’energia. Al Museo Experimental di Copenaghen ho pedalato su una cosa simile ma non era un sistema trasportabile.

Scelta felice la città di Bologna, posto ideale per organizzare un convegno sul tema considerando che nella IC Rate, la classifica delle città smart in Italia Bologna è in testa.

La competenza dei relatori è stata generalmente buona, buoni anche gli interventi dei relatori stranieri invitati. Mi è piaciuto molto quello di Landry. Meno incisivi gli interventi degli accademici nostrani che sono in affanno sui temi applicativi che richiedono risposte concrete.

I Politici hanno mostrato diversi livelli di competenza sul tema. In generale i sindaci, ottimo l’intervento del sindaco di Rimini Grassi, e gli amministratori locali mostravano di “essere sul pezzo” mentre i Ministri mi sono sembrati fuori tema.

A voler estremizzare mi è sembrato che la competenza sul tema fosse inversamente proporzionale alla età dei relatori.

Buona la partecipazione, sia fisica che on-line. I video dei principali interventi sono disponibili on-line.

Mi è piaciuta meno la logistica delle sale, tutte sottodimensionate rispetto alle richieste, forse indice che è andata meglio di quello che pensavano gli organizzatori.

Poca interazione. L’impostazione, i ritmi, la densità di eventi non stimolava l’interazione con il pubblico.

Discreto numero di tweet, a cui ho contribuito, che hanno fornito, in tempo reale, il livello di gradimento delle relazioni.

Sarebbe stato un gesto smart mostrare in diretta su un megaschermo i tweet con l’hashtag della conferenza #sce2012.

Smart

Questo è stato il vero tema discusso nel convegno. Per quale motivo essere smart e cosa fare per diventarlo.

Le motivazioni per cui essere smart sono emerse con fatica. Volendo semplificare sono emerse due posizioni differenti.

Prima posizione: essere smart per poter competere con le altre città nell’accapparrarsi risorse finanziarie e umane e poter sviluppare l’economia e il PIL cittadino. Competere per sopravvivere attraverso l’efficienza.

Seconda posizione: mantenere e, se possibile, migliorare il benessere dei cittadini in considerazione che le città ospiteranno nei prossimi anni la quasi totalità della popolazione mondiale e quindi le città subiranno una crescente pressione demografica con un crescente mix di culture. Difendere il benessere e la ricchezza procapite.

Su come diventare smart, adottando le tecnologie, si sono concentrate le attenzioni del convegno. Anche se continuamente i relatori dichiaravano che “la tecnologia è un mezzo e non un fine”, emergeva una posizione di fondo “technology push”. Invitare Carlo Ratti a realizzare l’intervento di apertura, molto bello, definisce chiaramente la traccia del convegno. Interessante e attuale la mappa delle regioni e province italiane sulla base delle interazioni telefoniche.

Le best practice presentate, sono nate con la logica e-gov e web 2.0 e si vedeva. Se vogliamo fare una similitudine abbiamo visto alcuni buoni esempi di green economy mentre il mondo parla di blu economy.

Tra le più interessanti la citta di Santander con la presentazione del sindaco Indigo de la Serna.

Gli strumenti social sono stati presentati, nelle buone pratiche, essenzialmente con un URP evoluto in grado di dare informazioni in tempo reale ai cittadini, attraverso facebook e twitter,  sulla viabilità o chiusura delle scuole se avviene una nevicata.

Interoperabilità quasi assente mentre gli Open Data hanno fatto la parte del leone. L’integrazione delle informazioni, acquisite in tempo reale sia attraverso sensori fisici che umani, e la loro messa a disposizione del cittadino, anche con open data, è stato un tema ampiamente discusso. Giovanni Biallo ha già commentato su GEOforUS le diverse sessioni geomatiche.

City

La vera assente. Non è stata mai affrontato il tema di cosè una città, chi sono i cittadini, che relazioni esistono tra città e non città.

Come fai a progettare lo sviluppo di una entità che non hai definito?

Città fisica? Dove finisce? Aree metropolitane? E come si definiscono? Aree vaste? E quanto vaste?

La Sicilia è una potenziale City? E la Padania, come è stato ipotizzato nel convegno di chiusura, può essere considerata una City?

Inoltre il focus sono le città o i  cittadini?  Ma chi sono i cittadini? Quelli che hanno la residenza? Quelli che fanno business e pagano le tasse in quel luogo? Quelli che la città la vivono?

Si è dato per scontato che, poichè le statistiche ci dicono che nei prossimi anni tutti si riverseranno nelle città, bisogna accettare l’esplosione demografica delle città come dato di fatto ed organizzarsi.

Il video della simulazione della nuova città da 3 milioni di abitanti che si sta realizzando in Cina, che sembrava estratto dal video di propaganda che ho visto al padiglione cinese dell’Expo di Shanghai (vedi un mio articolo precedente), a me sembrava un incubo e non un sogno.

Ma nessuno si è chiesto se un modello di sviluppo che prevede miliardi di persone che si riversano nelle città, che già oggi scoppiano, è un modello che ci piace, che vogliamo applicare in Italia.

La competizione tra le città accellera il divario con le aree rurali. È questo che vogliamo?

Siamo concentrati sul PIL delle città e dimentichiamo che le aree rurali ci danno da mangiare. L’Europa, già oggi, produce solo l’85% degli alimenti che consuma. Che risposta danno le città a questo problema planetario? Come gestire il comsumo del suolo, tema solo sfiorato da alcuni relatori?

Possiamo utilizzare le tecnologie per rendere più attraenti le aree rurali? Se vogliamo combattere la sovrapopolazione delle città, il traffico, l’inquinamento dovremmo pensare a un modello diverso di sviluppo che previene l’esodo dalle aree rurali, sia quelle prossime a noi che quelle delle aree più remote del mondo.

Se è possibile pensare ad un  altro modello di Città, basato sulla nostra storia, che metta al centro le relazioni tra i cittadini, che sia sostenibile, che tuteli l’ambiente.

Certamente le tecnologie possono fornire un contributo straordinario per comunicare, studiare, lavorare, socializzare.

Probabilmente alla conferenza mancava un ideale di città intelligente. Forse mancava un filosofo. Forse servirebbe a Bruxelles, a Roma, in ogni città.


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